Villa Antona Traversi a Meda, come appare oggi, è il risultato della trasformazione del monastero di San Vittore operata dall’architetto Leopoldo Pollack nei primissimi anni del secolo XIX. Il millenario monastero di San Vittore fu soppresso il 29 maggio 1798 da un decreto della Repubblica Cisalpina, le monache furono espulse e i beni, compreso l’immobile, venduti all’asta.
Il Pollack volle cancellare ogni traccia dell’antico cenobio e costruire al suo posto un imponente edificio neoclassico, realizzando una villa patrizia che ammiriamo tuttora nella grandiosità dei suoi spazi. A questa violenta trasformazione si è sottratta la Chiesa di San Vittore, interna alla villa, gioiello rinascimentale del 1520 affrescato da Bernardino Luini e dalla sua scuola. Pesanti rimaneggiamenti hanno interessato il Chiostro, oggi un elegante cortile neoclassico, e la Chiesa interna, sempre affrescata dal Luini e divisa in due ambienti (la Sala del Coro e la Limonera). Una serie di sale neoclassiche, disegnate da Pollack, caratterizzano la villa nella parte verso il giardino.
Il monastero di San Vittore
Il monastero benedettino femminile di San Vittore fu fondato agli inizi del nono secolo, intorno all’anno 830, da due illustri personaggi, Aimone e Vermondo della stirpe dei Manfredingi (un grande casato feudale dell’Italia settentrionale) per sciogliere un voto fatto alla Vergine. Un secolo dopo la morte i due vennero annoverati fra i Santi e i loro resti si trovano tuttora in una sontuosa urna collocato sotto l’altare della Chiesa di San Vittore.
Il Monastero nacque già ricco con importanti diritti feudali su Meda, Cabiate, Novedrate, Cimnago. Le fortune non gli vennero meno nei primi secoli di esistenza se, come racconta Bernardino Corio, nell’anno 1194 ebbe la felice ventura di ospitare l’imperatore Enrico VI proveniente dalla natia Germania e accompagnato dalla celebre sposa Costanza d’Altavilla, già incinta del futuro Federico II.
Ma i tempi mutati e l’affermarsi del libero Comune imposero anche al Monastero importanti rinunce. Nel 1252 l’abbadessa del Monastero, Maria da Besozzo, rinuncia ai principali diritti feudali su Meda e riconosce gli statuti del comune, pur conservando per il Monastero tutti i diritti ecclesiastici.
Per quanto indebolito il Monastero si mantiene ricco anche nei secoli successivi e nel 1496 è testimone dell’incontro fra l’imperatore Massimiliano d’Asburgo e il duca di Milano Ludovico il Moro, alla presenza dei legati dei maggiori stati italiani.
Nel secolo seguente, pur riformata ed irrigidita nelle regole anche per effetto della Controriforma, la vita monastica prosegue tra le antiche mura, interrotta ogni tanto dalle visite degli arcivescovi milanesi tra cui San Carlo Borromeo nel 1581 e il nipote Federico nel 1626 e quelle, altrettanto grandiose anche se meno formali, delle mogli dei governatori di Milano.
Il secolo XVIII porta importanti novità sempre dannose alle fortune monastiche. Il Monastero sfugge d’un soffio alle soppressioni di Giuseppe II d’Asburgo, ma poi deve soccombere a quelle ben più radicali della Repubblica Cisalpina fondata dalle armate napoleoniche.
Il 29 maggio 1798 un decreto sopprime il millenario Monastero, le monache ne sono espulse e i beni sono venduti all’asta.
Li acquisterà nell’ottobre successivo Giovanni Giuseppe Maunier, ricco commerciante di Marsiglia e fornitore dell’esercito francese, il quale, disprezzando totalmente le insigni memorie monastiche, incaricherà il celebre architetto viennese Leopoldo Pollack di trasformare le mura del cenobio in quelle di una villa neoclassica. Il resto del Monastero e la villa neoclassica furono acquistati nel 1836 da Giovanni Traversi e da lui il complesso passò al nipote e quindi ai suoi discendenti fino agli attuali proprietari, gli Antona Traversi, che la conservano tuttora. Ma quello che colpisce particolarmente anche il visitatore più distratto è lo spirito che aleggia nelle antiche mura, ove sembrano rivivere mille anni della nostra storia.
La Villa oggi
L’interno della Chiesa di San Vittore e una pergamena dell’archivio del monastero
Il Pollack, volendo sfruttare al massimo i caratteri paesaggistici della collina su cui era da quasi un millennio collocato il monastero, demolì alcuni edifici collocati sul sommo collinare, tra cui due piccole chiese, la casa delle educande, e persino un chiostro di cui resta testimonianza il pozzo collocato originariamente al centro, che venne allora coperto ma non riempito, e che esiste tuttora.
Al loro posto, sfruttando murature già esistenti e utilizzando materiali di recupero, edificò l’imponente facciata di quasi 70 metri di lunghezza in stile neoclassico, che ammiriamo ancora oggi. Il neoclassico imponeva all’architetto regole precise e rigorosi equilibri spaziali che vennero rispettati alzando di un piano tutto la costruzione e aggiungendovi una torretta belvedere al centro che funge, con il corpo avanzato centrale, da raccordo fra le due ali e da completamento dell’edificio.
Sul retro dell’imponente facciata, Pollack preferì conservare gli edifici così come erano, modificandone gli esterni al fine di nascondere il più possibile l’originale carattere monastico dei luoghi. Il chiostro centrale divenne il cortile d’onore della villa ed a questo fu aggiunto uno scenografico scalone per aprire il vecchio chiostro sui cortili inferiori.
Il Pollack aggiunse una serie di sette sale lungo tutta la facciata creando un asse longitudinale di grande effetto, ma anche ambienti di altissima qualità atti a costituire il punto di riferimento essenziale della villa, tutti prospicenti su quel vasto spazio a semicerchio detto la ‘rotonda’ aperto a balconata sulla pianura. Le sale hanno nel tempo subito alcune modifiche, hanno visto rinnovarsi mano a mano l’arredamento, ma non hanno perso la loro bellezza, vedendo anzi crescere la suggestione originaria. Possiamo così ancora oggi ammirare la biblioteca, l’archivio (che conserva la volta cinquecentesca dipinta dal Fiamminghino), la sala degli specchi, la sala delle maschere, l’ottagono e due sale dipinte dal Ranieri.
Non poche sono le testimonianze dell’antico monastero sopravissute alla radicale trasformazione seguita alla soppressione: prima di tutto la Chiesa di San Vittore, del 1520, rimasta intatta e decorata dagli affreschi di Bernardino Luini e della sua scuola. Oltre alla Chiesa, la testimonianza più importante è data sicuramente dalla Sala del Coro, la parte superiore dell’ex Chiesa claustrale, e dalla sottostante Limonera, la parte inferiore, trasformata nell’Ottocento in stanza per il ricovero invernale dei limoni. Un’altra testimonianza importante del monastero è il Chiostro.
Molti sono gli spazi della villa che meriterebbero di essere descritti, ma è certo che tutti i centocinquantacinque vani dell’edificio conservano la suggestione che promana dalla loro storia.
Il chiostro neoclassico e la Sala delle Maschere